PEDAGOGIA - personalisti e marxisti

 Jacques Maritain (1882-1973), filosofo e pedagogista francese cristiano, come Gentile non concordava con l'ottica puramente bio-psico-fisica delle pedagogie moderne, ed era orientato verso una concezione più filosofica.

Al contrario invece, Maritain, non rifiutava del tutto alcune istanze dell'attivismo e allo Stato etico opponeva l'idea di uno Stato pluralista e democratico

Dal punto di vista filosofico egli oppone all'immanentismo (rifiutare l'esistenza di una realtà che vada al di fuori delle facoltà conoscitive umane) alla trascendenza religiosa secondo l'insegnamento cristiano.

 

Maritain è un esponente del personalismo, corrente filosofica, sociale e pedagogica, che si diffonde soprattutto nel secondo dopoguerra e che si basa sulla centralità della persona.

Il personalismo si sviluppò in Francia, la sua rivista più rappresentativa è considerata "Espirit", dove Maritain approfondisce gli studi su Tommaso d'Aquino e quelli contro ogni forma di totalitarismo.

Il personalismo si oppone infatti sia all'"uomo totalitario" espropriato della sua identità, sia all'"uomo produttivo"concepito come semplice ingranaggio. Esso prende anche le distanze dal concetto di esistenza che non riconosce nell'individuo un nucleo stabile.

Questa corrente di pensiero si ispira in prevalenza alla concezione religiosa ebraico-cristiana della persona. 

I personalisti pensano all'uomo in termini "integrali", cioè sia come valore in sé sia come capacità di operare nel mondo. Questa visione influenzerà la pedagogia con la sua nozione di persona integrale.


L'umanesimo integrale, secondo Maritain, è proprio la concezione dell'uomo come un essere dotato di ragione la cui suprema dignità consiste nell'intelligenza. L'aggettivo "integrale" indica un umanesimo che valorizza tutto l'essere umano.

Questa concezione era entrata in crisi a partire dalla Riforma protestante, con l'opposizione tra ateismo (sfociato nel nichilismo) e cristianesimo.

Crede poi che l'educazione dell'essere umano coincidi con l'educazione del cittadino.

 

In L'educazione al bivio, Maritain parla di una scelta tra umanismo e antiumanismo, cioè individualismo, nichilismo e funzionalismo. 

Le due vie che si presentano all'educazione sono dunque due:

- pensare l'essere umano in termini evoluzionistici (l'individuo colto nella sua finitezza). Porta ad un'educazione funzionalistica;

- pensare l'essere umano come dotato di intelligenza e volontà (proiettato verso l'infinito). Permette il passaggio da individuo a persona e coincide con il conseguimento della sua dignità.


Per Maritain l'educazione è un processo/evento che si compie entro una dimensione umana e 
non come un assemblaggio di tecniche e, in quanto evento umano, ricorre rivolgersi alla filosofia

L'umanesimo naturalista e quello marxista considerano l'uomo solo come individuo, mentre nella pedagogia martinina è fondamentale la distinzione tra "individuo" e "persona".

 

Essa infatti guarda all'essere umano come una persona, cioè di una totalità dotata di una propria vita individuale; una interiorità che supera i vincoli propri della vita naturale ed associata.

Il filosofo francese cerca dunque di arrivare ad una ragione sapienzale, che porti a una ricerca della verità e introduca l'uomo sia nel mondo sia al senso religioso.

 

Egli differenzia i due principali soggetti dell'educazione in educando ed educatore, cercando come Gentile una fusione spirituale fra i due.

Invita gli educatori a tenersi lontani dagli errori pedagogici della modernità:

- il misconoscimento dei fini, trovati a vantaggio delle tecniche;

- il pragmatismo, sociologismo, intellettualismo e volontarismo, che spostano il centro dell'educazione dall'uomo;

- la riduzione dell'educazione alla sola istruzione.

A questi errori Maritain oppone l'"educazione liberale" (legata alle arti liberali medievali), che si poneva lo scopo di assicurare agli studenti un'ampia formazione culturale disinteressata prima di inoltrarsi negli specialismi caratteristici degli studi superiori e delle professioni.

L'educazione liberale è orientata alla piena comprensione della parola, condizione irrinunciabile per l'espressione del pensiero e della capacità creativa.

Essa deve essere in grado di fecondare l'interiorità degli allievi attraverso esperienze estetiche e aumentarne il senso critico attraverso le discipline scientifiche.

 

Il programma di studi viene accompagnato da regole pedagogiche, tra le quali:

- promuovere le buone energie degli allievi, non reprimere solamente i comportamenti negativi;

- assicurarsi che le conoscenze non siano solo memorizzate;

- puntare alla formazione dell'interiorità profonda.


Marx ed Engels consideravano l'educazione come un aspetto dell'analisi politica e doveva quindi essere posta al servizio del progetto di costruzione della società senza classi.

Tra la pedagogia comunista si trova quella sovietica, nata con l'inizio della rivoluzione bolscevica.


Antonio Gramsci (1891-1937) fu uno degli esponenti principali del comunismo in Italia. 

Egli auspicava a una scuola unica iniziale, rigorosa e uguale per tutti, e centrata su un "nuovo umanesimo": la storia dell'uomo e sul progresso delle scienze.


Ciò che unisce questi gli autori marxisti è il proposito di creare l'"uomo nuovo", giudicando negativamente la scuola attiva, alla quale viene opposto un principio di creatività sociale, in grado di rendere la scuola anche un luogo "politico".


Célestin Freinet (1896-1966), pedagogista ed esponente marxista, elaborò una delle più originali interpretazioni del comunismo sul piano educativo.

Questo si basava sulla valorizzazione delle risorse personali dell'alunno, il rispetto della sua creatività e fantasia e la sua socializzazione come esperienza spontanea.

Antepone dunque la gioia di vivere dei bambini alla rigidezza dell'ideologia politica.

 

Freinet vuole valorizzare e realizzare capacità degli alunni in una "pedagogia popolare", ossia un'educazione che promuova la coscienza politica dei ceti popolari.

Egli affidava alla scuola un ruolo trainante nell'edificazione della futura società socialista, possibile superando il conformismo degli insegnanti.


Gli scritti di Freinet si basano sulle attività sperimentate con i suoi allievi e sulla graduale messa a punto di apposite tecniche, che saranno poi definite proprio "tecniche di Freinet".

Egli voleva creare una scuola basata sulla partecipazione attiva e sul principio del tatonnement, come una continuazione naturale della famiglia.

Tra le sue tecniche ci sono:

- il testo libero, che si basa sull'esperienza e l'interesse dell'alunno, senza costrizioni. Esso confluisce nel testo collettivo, cioè il lavoro che deriva da una discussione tra gli alunni riguardo alle espressioni più valide per esprimere un pensiero;

- il giornale scolastico, che deriva dal testo collettivo e da un lavoro di tipografia su di esso;

- il calcolo vivente, che stimola l'attività aritmetica partendo da problemi concreti;

- le schede progressive e autocorrettive, per attivare la curiosità e promuovere l'autoapprendimento.


Freinet criticava la scuola tradizionale per la sua passività, l'impersonalità delle lezioni e la soppressione di ogni contatto con la natura. Giudicava negativamente anche le pedagogie attive in quanto astratte e artificiali.


Egli fu capace di rinnovare la scuola agendo su più livelli:

- liberando le energie positive dei bambini e orientandole creativamente;

- radicando la scuola nell'ambiente di vita;

- attivando processi di solidarietà per formare persone e cittadini;

- sottolineando che ogni scuola possa essere innovativa, anziché configurarsi come laboratorio-officina cooperativo.

La scuola popolare di Freinet si presenta come un soggetto attivo, non solo all'interno della scuola, rifiutando il suo stato di minorità burocratica dalle autorità ministeriali.

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